Allestimento rocciata per vasca Ciclidi Africani

Questo articolo nasce dalla volontà di condividere con altri la mia esperienza di allestimento biotopo Tanganyika. Il mio obiettivo è stato quello di creare il maggior numero di ripari possibili per i nostri amici pinnuti, con buchi e nascondigli dove potersi infilare.
L’acquario, probabilmente non grandissimo ma questo “passava il convento”, è un RIO 180 che già aveva visto, nel corso degli ultimi anni, numerosi ri-allestimenti, quella che mi piace definire una “nave scuola”.

Deciso ad allevare ciclidi del Lago Tanganika, e con lo scopo di fornire il maggior numero di nascondigli ed anfratti per ripararsi e stabilire territori, ho pensato di allestire una rocciata. La struttura doveva rivestire interamente la parete posteriore e magari mascherare il filtro interno, non proprio bellissimo, che campeggia nella parte posteriore destra di molti acquari Juwell.
Le rocce in vasca sono un problema.

Sappiamo bene – qualcuno anche per averlo sperimentato – che l’elevato peso sul vetro di fondo o forse peggio su quelli laterali, può pregiudicare l’integrità della vasca stessa.

Per cercare di ridurre al minimo il problema, mi sono orientato su due differenti soluzioni che ho cercato di portare avanti contemporaneamente:

1) creare una struttura di supporto (nascosta) che mi consentisse di ridurre le rocce (e quindi il peso) impiegate ed al tempo stesso creasse uno spazio vuoto, nel retro, non visibile a chi guarda la vasca, ma dove i pesci potessero anche cercare riparo e riprodursi ed allevare i piccoli riducendo il fenomeno di predazione;
2) usare delle pietre che, per loro caratteristica, avessero un peso inferiore rispetto ad altre e pertanto potessero essere impiegate senza troppi problemi di carico sul vetro di fondo della vasca.

Il materiale utilizzato – tutto di recupero – è stato quello che potete vedere in foto:

Alcune cassette di plastica “leggere” tipo della frutta recuperate al mercato sotto casa;

Una rete in plastica verde rigida in rullo, recupero di una precedente lavorazione, tipo quella che si usa per chiudere le finestre delle cantine ed evitare l’accesso ai gatti;

Diverse confezioni vuote di cibo per pesci, tutte della stessa dimensione, alle quali è stata levata l’etichetta adesiva lavorandole sotto un getto di acqua calda;

Uno spago per fissare la rete.

Alcune rocce acquistate (queste si) presso un garden/vivaio di Roma, al prezzo di 1 euro / kg (alla fine sono stati impiegati circa 25 kg di materiale);

Circa un metro di corrugato PVC per cavi elettrici, diametro 40 mm

 

 

Le scelte che ho ritenuto di adottare sono state le seguenti:

  • Grazie ai consigli dell’amico Giovanni T. del CIR, ho creato una struttura di supporto/sostegno (e riempimento interno/posteriore) fatta con parti di cassette di plastica ed in rete rigida di plastica, arrotolata e “riempita” all’interno con dei supporti che potessero conferire solidità/rigidità ed evitare lo schiacciamento sotto il peso delle rocce che avrei poggiato sopra.

 

Inutile dire che le soluzioni sono tutte di

“rimedio” e quindi ottenute con il minimo costo (possibilmente spendendo zero). Quindi anche i supporti interni alla rete sono stati ottenuti utilizzando dei barattoli di cibo per pesci (tutti della stessa altezza) lasciati ovviamente aperti senza tappo per evitarne galleggiamento, ed inseriti con funzione portante nella “salsiccia” di rete che sono andato a collocare nella parte centrale della struttura di sostegno, come si può vedere dalla fotografia qui sotto.

Questa soluzione mi ha anche consentito di ottenere una parte centrale leggermente “rientrata” o concava o a C, rispetto alle due laterali, che – sempre secondo i miei gusti – conferisce un gradevole aspetto estetico e garantisce anche più profondità al tutto.
Per le cassette, ho tagliato e recuperato le estremità laterali, questo perché presentano maggiore robustezza e solidità in virtù dei diversi punti in cui la plastica è saldata, e così ho recuperato due strutture per ogni cassetta (alla fine ne ho utilizzata solo una), identiche, che presentavano la possibilità di essere adagiate sul fondo. In questo modo ho creato una superficie lievemente in discesa che facesse da supporto e guida per le rocce che avrei poggiato sopra e che dovevano avere un effetto “a discesa”.

  • Rocce laviche comunissime, che si possono trovare in qualsiasi vivaio, di varie dimensioni, che ho opportunamente diviso, prima dell’allestimento in tre misure, piccole, medie e grandi. Durante la “posa” ho collocato le grandi in basso, le medie al centro e le piccole nella parte più alta. Tutto questo è servito  anche a dare maggior armonia ed un risultato esteticamente più gradevole al tutto. Non ultima anche una certa prospettiva e stabilità!

 

A questo punto sono iniziati i lavori. Per prima cosa ho rimosso le piante che erano presenti nella vasca e le ho temporaneamente messe da parte per poterle poi riutilizzare. Non si ha idea di quanto “verde” si riesca a produrre in un acquario, fino a quando non ci si mettono le mani! Poi, pulito bene il fondo di sabbia, ho poggiato le due estremità laterali fatte con le cassette e la “salsiccia centrale. Ho spinto bene gli elementi in modo che potessero fissarsi solidamente sul fondo annegando per qualche centimetro sulla sabbia. Successivamente è iniziato il lavoro di “posa”, il più lungo, anche perchè ha richiesto continui spostamenti in funzione del gusto e di come “saliva” la rocciata. Dopo circa 1 ora di lavoro la parete era completata. Lasciata riposare la vasca per 24 ore ed eliminata parte della sostanza che inevitabilmente era andata in sospensione, ho reinserito una colonia di neolamprologus multifasciatus, alcune piante (vallisneria) ed ho scattato qualche foto sul risultato raggiunto che mi sembra accettabile. La foto potete vederla qui sotto!.